Il luogo simbolo della devozione di Napoli verso i defunti, una devozione che a volte si mescola con la superstizione e che si fonde con la vita di tutti i giorni.
Il luogo simbolo della devozione di Napoli verso i defunti, una devozione che a volte si mescola con la superstizione e che si fonde con la vita di tutti i giorni.
A Napoli la devozione tradizionale è affiancata da un culto in cui si intrecciano rituali e modi di dire.
Dal modo di vivere la fede a Napoli traspare un legame con la morte e con la santità "presente", reale.
Esempi tangibili di questo rapporto quotidiano con l'ultraterreno sono rappresentati da quello che era il culto ormai abbandonato delle anime pezzentelle, rimasto ben vivo nella memoria della città.
Fino a non molti anni fa era diffusa, infatti, l'usanza di adottare uno dei teschi dell'ossario. Il fedele si prendeva cura dell'anima adottata, pulendone il teschio e rivolgendole preghiere per alleviarne le pene, in cambio di una grazia.
L'ex necropoli greco-romana è oggi un quartiere vivo, caratterizzato da una storia contrastata e particolare.
Il Rione Sanità sorge in una valle a cui corrispondono le valli dei Vergini, della Sanità e delle Fontanelle, cinte dalle colline di Miradois, Capodimonte, dello Scudillo, della Stella e di Materdei. Nel corso dei secoli la zona ha subito numerose trasformazioni, sia per il passaggio delle Lave dei Vergini, che riversavano detriti dalle colline verso valle, sia per l'urbanizzazione che ha interessato la zona dal XVI secolo.
La composizione delle colline circostanti e la salubrità della zona, un tempo incontaminata, hanno fatto sì che si sviluppassero vasti complessi sepolcrali fin dall'epoca greca. A nord delle mura di Napoli, infatti, non sono mai stati rinvenuti resti di edifici privati o monumenti pubblici, ma sono state ritrovate numerose tombe risalenti al III-II secolo a.C., e qualcuna risalente addirittura al IV secolo a.C.
Lo scavo delle aree cimiteriali è stato facilitato dal tufo giallo napoletano presente lungo i fianchi delle colline, che ha permesso di estrarre tufo per l'edilizia e la realizzazione delle tombe ipogee.
Sono testimonianza delle origini del Rione gli ipogei di via Vergini, vico Traetta, via Cristallini e via S. Maria Antesaecula, che si trovano a una profondità a volte superiore agli 11 metri. Gli ipogei sono risalenti a un periodo di tempo che va dal IV al III secolo a.C., per le loro caratteristiche strutturali e per le decorazioni.
L'ossario delle Fontanelle è molto più recente del cimitero greco-romano e paleocristiano, ma non meno affascinante.
Una breve passeggiata attraverso il Rione ci porta nell'ossario delle Fontanelle. Il sito era un'antica cava di tufo scavata nella collina di Materdei, chiamata Fontanelle per i rivoli d'acqua che sgorgavano dalle colline circostanti.
Il sito cimiteriale conserva da almeno quattro secoli i resti di chi non poteva permettersi una sepoltura e delle vittime delle epidemie che molto spesso hanno colpito Napoli.
Durante la Peste del 1656, secondo alcune fonti la cava accolse 250mila cadaveri su una popolazione di 400mila, mentre per alcuni le vittime furono addirittura 300mila. Per l'elevato numero di resti ormai presenti nell'ossario, già alla fine del Settecento ci fu una prima sistemazione delle ossa.
La nascita del cimitero delle Fontanelle viene fatta risalire al XVII secolo, quando a Napoli si susseguirono:
Nel 1837, in seguito a un'epidemia di colera, il consiglio sanitario impose lo spostamento delle salme precedentemente sepolte nelle chiese e nelle terre sante di confraternite nell'ossario delle Fontanelle.
Il cimitero restò abbandonato fino al 1872, quando il canonico Don Gaetano Barbati mise in ordine le ossa anonime con l'aiuto di alcune donne del quartiere.
L'opera di riordinamento delle ossa da parte di Don Gaetano Barbati seguì un ordine preciso:
Alla fine dell'Ottocento fu istituita un'opera per il suffragio delle anime e il lunedì, giorno della Luna dedicato da sempre ai morti, il luogo era aperto al culto.
Tra le migliaia di ossa anonime messe in ordine da Don Barbati, gli unici due scheletri non anonimi rinvenuti furono quelli di Filippo Carafa conte di Cerreto e di sua moglie Donna Margherita Petrucci, in bare coperte da vetri. Il corpo di Donna Margherita è mummificato e ha la bocca spalancata, per questo si dice che sia morta soffocata da uno gnocco.
La coppia apparteneva alla famiglia Carafa che si appassionò alla letteratura gotica e ad Edgar Allan Poe. Per questo motivo si vantavano di essere i proprietari del cimitero.
Nel luglio del 1969 il cardinale Corrado Ursi fece chiudere l'ossario con un decreto del Tribunale Ecclesiastico: era preoccupato per i segnali di feticismo legati al culto delle anime pezzentelle, ritenuto una superstizione contraria alla dottrina cattolica del Concilio Vaticano II.
Il cimitero delle Fontanelle restò chiuso per molti anni, fu poi messo in sicurezza e riordinato dopo il 2002 e riaperto definitivamente nel 2010, in seguito ad un'occupazione pacifica degli abitanti del Rione.
Così come le diverse navate sono destinate a diversi resti, a seconda della loro provenienza, il cimitero delle Fontanelle è diviso in diverse aree.
Il Tribunale ospita un crocifisso su una base di ossa e, secondo la tradizione, era il luogo in cui avvenivano i giuramenti dei guappi della Sanità. L'ossoteca è una raccolta di ossa al centro della quale si ergeva la statua di Cristo risorto.
L'ultimo antro ospita gli scolatoi, dove venivano posti i cadaveri per far colare i liquidi. In questa parte dell'ossario sono ancora visibili le grappiate utilizzate dai cavamonti per scendere nella cavità per estrarre e lavorare il tufo.
Secondo la tradizione, i fedeli napoletani adottavano uno dei teschi, che veniva accudito in cambio di grazie.
Il culto delle anime pezzentelle fu particolarmente vivo durante i due dopoguerra, e seguiva un rituale ben preciso: il cranio prescelto veniva pulito e lucidato, poggiato su fazzoletti ricamati e adornato con lumini e fiori, poi si metteva un rosario al collo del teschio.
Successivamente, il fazzoletto veniva sostituito da un cuscino ornato di ricami e merletti. A ciò seguiva l'apparizione in sogno dell'anima prescelta, la quale richiedeva preghiere e suffragi per alleviare le sue sofferenze in Purgatorio, mentre il fedele chiedeva in cambio una grazia o numeri da giocare al lotto.
Se la grazia non veniva accordata, o se il sabato non uscivano i numeri ricevuti in sogno, il fedele abbandonava il teschio e sceglieva un'altra capuzzella.
Se invece le grazie venivano concesse, il teschio veniva onorato con una sepoltura più degna: una scatola, una cassetta, una teca, a seconda delle possibilità dell'adottante.
I teschi non erano mai ricoperti con lapidi, perché dovevano essere lasciati liberi di comparire in sogno, l'unico mezzo di comunicazione tra i vivi e i morti.
Era nei sogni che nascevano le personificazioni delle anime pezzentelle, alcune delle quali fanno parte dell'immaginario di una città che non si è mai rassegnata alla condanna della morte.
La capuzzella più famosa dell'ossario è il Capitano: sulla sua figura aleggiano varie leggende ed è venerato perché rappresenta quel Capo che il popolo napoletano non ha mai avuto.
Un altro teschio famoso è quello di Concetta, la cui particolarità è la lucidità del teschio: mentre tutti gli altri crani sono ricoperti di polvere, il suo è sempre lucido, probabilmente perché raccoglie meglio l'umidità del luogo sotterraneo, interpretata come sudore delle anime del Purgatorio. Generalmente, Concetta era oggetto della devozione femminile per trovare marito.
Tra i tanti teschi venerati, Fratello Pasquale era la capuzzella che dava in sogno i numeri al lotto, la Capa Rossa appariva in sogno come postino dai capelli rossi.
Il Cimitero delle Fontanelle è momentaneamente chiuso per lavori di manutenzione straordinaria.
Quando riaprirà potrai visitare l'ossario con le nostre guide durante il percorso Il Miglio Sacro.
Visite guidate al Cimitero delle Fontanelle
Ogni sabato e domenica, partenza alle 09:00 dalla Basilica del Buon Consiglio
(Via Capodimonte, 13 – Napoli)