Sono nata sotto il ponte della Sanità.
Gigante e maestoso, messo lì a dividere chi è sopra da chi è sotto.
Un ponte che non collega, un ponte che allontana.
Separa la città che soffre da quella che cresce.
Devo andare via, mi sono detta, lontano da questo ponte che non porta da nessuna parte e che mi incastra in un luogo che mi toglie il respiro.
Volevo fare l’attrice, parlano di un laboratorio di teatro nel quartiere.
L’ha organizzato un sacerdote, mi dicono, è per i ragazzi della mia terra.
Quando non mi va di andare a scuola scappo da loro, i giorni passano veloci e penso a quando andrò via.
Quando immagini la fuga, quando sogni la lontananza, dimentichi di guardarti bene intorno, di osservare con attenzione quello che hai, concentrata come sei su quello che desideri.
Ci viene chiesto un giorno di aiutare i ragazzi che lavorano alle Catacombe, possiamo organizzare Delle visite teatrali, ci dicono.
Scopro un luogo a pochi passi dal mio ponte e mi sembra che all’improvviso entri molta più luce.
Incontro don Antonio un giorno, per caso.
Mi guarda e mi dice “e tu, quando ti diplomi? Abbiamo bisogno di te “.
Mi fa ridere all’inizio, questa frase semplice .
Non posso, vorrei dirgli.
Il mio posto non è qui.
Non sotto questo ponte.
Ho un lavoro che non mi piace e che non capisco, appena finisco corro alle Catacombe e osservo le guide portare in giro i primi turisti.
Mi appare un’opera incredibile, in un luogo che lentamente nasce e cresce sotto i miei occhi.
“Perché non impari? Mi dicono. Fare la guida è un po’ come improvvisare uno spettacolo con un pubblico sempre diverso “.
Incredibile, mi dico.
Lo chiedono a me, che non ho neanche finito il liceo.
Resto un po’, mi dico sottovoce.
Solo un po’ e poi vado via.
Giorno dopo giorno imparo.
Studio l’inglese e Lo spagnolo e la storia di questa terra.
Il ponte all’improvviso mi appare come il più maestoso dei monumenti, non separa più niente, di colpo unisce.
Non ho voglia di scappare altrove, ho voglia di sporcarmi le mani tra la mia gente e nella mia terra.
Lavoro nella cooperativa la paranza e faccio la guida.
L’anno scorso ho preso il diploma e non ho più smesso di studiare.
Ho imparato , tra tutte, la lezione più incredibile di tutte.
Crescere non è vedere nuovi luoghi ma avere nuovi occhi.
Mi chiamo Miryam, ho 25 anni e questa è la mia storia.
_
Testo di Chiara Nocchetti