Tutte le news

La Cultura come riscatto per il territorio – Repubblica Napoli

Gennaio 5, 2020

“Sogno per il 2020 tante imprese di uomini liberi, dove l’obiettivo fondante sia quello di crescere per generare lavoro e non maggiori utili. Lo auguro alla mia città soprattutto, nel rispetto e nel ricordo dei principi fondanti dell’economia di comunione, tanto cari all’illuminismo napoletano, che all’homo homini lupus contrappone un concetto tanto semplice quanto rivoluzionario: homo homini amicus.”

Queste le parole di padre Antonio Loffredo in un articolo di oggi su la

la Repubblica Napoli

che ci permette ancora una volta di riflettere sul senso del nostro percorso e di questa incredibile avventura nel Rione Sanità.

Buona lettura!

Napoli, padre Loffredo: “La cultura ha riscattato il Rione Sanità”

l sacerdote racconta l’esperienza delle Catacombe come modello per la città: “Pensare all’uomo non al profitto”

Tra i centosessantamila visitatori alle Catacombe di San Gennaro, molte migliaia arrivano fortemente interessati e partecipi per ascoltare le voci del Rione Sanità. Le storie di riscatto. È questo di certo un grande segno di speranza. A volte mi sembra di vedere in loro la folla dei Giudei – quella descritta da Giovanni nel suo Vangelo al capitolo 12 – che vuole vedere Lazzaro resuscitato per nutrire forse la speranza della loro resurrezione attraverso la capacità di amare. Quando c’è un Lazzaro resuscitato, poi, intorno a lui ci sono per forza tante “Marte” abilitate ad amare e a servire i fratelli, così come capita di incontrare al Rione Sanità tante ragazze, delicate, attente, affettuose e, al contempo, efficienti. Ma, come sottolinea Giovanni nel Vangelo “ i capi dei sacerdoti e i farisei decisero di uccidere Lazzaro”.

C’è sempre qualcuno che vuole impedire che si testimoni che Lazzaro può rinascere. Al Rione Sanità – come in tanti posti del nostro martoriato e meraviglioso Sud – sta avvenendo un fatto nuovo. Cultura e sociale smuovono il Sud, i dati lo confermano. Goel nella Locride, la fondazione di comunità di Messina, e tante esperienze di riutilizzo intelligente di beni confiscati, la resistenza di tante agenzie che sono legate ai propri territori e sanno continuare a produrre servizi, accoglienza e a ricostruire socialità e rigenerazione urbana.

Lo scorso novembre tante realtà del terzo settore del Sud si sono incontrate alle Catacombe di Napoli e vi assicuro che incrociare il loro sguardo brillante per la gioia del dono e stringere quelle mani tanto utili agli altri, alla loro comunità, ci ha riempito di gioia. Non ho dubbi, in molti di loro è penetrato il miglior spirito di impresa unito all’orgoglio di fare e di fare bene. Per questo, in quei giorni, convocati dalla Fondazione con il Sud, abbiamo fatto proprio come dice sempre nello stesso capitolo di Giovanni, abbiamo rotto il vaso di alabastro per spargere il nardo : prezioso e purissimo. “ Così la casa si riempie di profumo”.

Marta e Maria, cura e cultura, una necessaria cultura della cura e una cura non rimandabile della cultura. Ma il Vangelo dice anche che il profumo non fu apprezzato da Giuda. Avrebbe preferito vendere quel profumo, trasformarlo in soldi. Ed è qui scolpita la contrapposizione tra l’economia di morte e l’economia di vita. Il vero spirito di impresa non è mai per una economia di morte. I veri imprenditori, quelli che amano l’economia di vita, sono quelli che sanno prendere dal territorio i giusti elementi quelli che, sapientemente combinati, permettono sviluppo e crescita. E soprattutto diventa vero imprenditore solo chi sa restituire al territorio, alla comunità, più di quello che ha ricevuto. Tutti gli altri, lo sappiamo, sono solo prenditori e predatori.

L’economia di vita è quella che caratterizza fortemente il terzo settore, al netto dei tanti che vedono nei poveri uno strumento più che un fine. E richiede qualcosa di più dello spirito d’impresa: richiede amore per la vita, per la comunità e per i fratelli. Ed è proprio quello che auguro alla mia città per il prossimo 2020, convinti che la cooperazione al Sud sia una strada possibile per generare non ciò che aridamente è destinato ad estinguersi, ma nuovi frutti . Capaci, a loro volta, di germogliare.

Sogno per il 2020 tante imprese di uomini liberi, dove l’obiettivo fondante sia quello di crescere per generare lavoro e non maggiori utili. Lo auguro alla mia città soprattutto: nel rispetto e nel ricordo dei principi fondanti dell’economia di comunione, tanto cari all’illuminismo napoletano, che all’homo homini lupus contrappone un concetto tanto semplice quanto rivoluzionario: homo homini amicus. Il terzo settore, soprattutto al Sud, ha imparato a trasformare la redditività in generatività, trasformando spesso luoghi chiusi e abbandonati in centri pulsanti di vita, in ambito sociale e culturale, in quartieri da molti definiti difficili.

Ma la sfiducia e la rassegnazione sono potenti, il male che l’incapacità di visione può fare è immenso: può non solo distruggere i posti di lavoro generati da un lavoro dal basso, svolto da un territorio; ma, quando è vestito di pubbliche responsabilità o si ammanta di falsa erudizione, può anche lasciare che l’incuria e l’immondizia si riapproprino degli spazi recuperati dalle comunità. Ma perché non dare forza alle tante fiammelle accese, a quelle giovani energie, a tutti coloro che nelle periferie geografiche e del cuore sanno essere enzimi di comunità? Ecco il mio auspicio. A Napoli, per il 2020, il frutto più prezioso di tutti, quello che non muore, quello che non appassisce: la speranza, ovvero la certezza, che un altro mondo è sempre possibile.